Italiana

La storia è quella sui libri, poi c’è la città, dove la storia si percepisce. Viaggiare è distinguere.

Era l’estate 2018. Avevo qualche centone e tanta voglia di fare qualcosa per me e basta. Ho risalito l’Italia in treno, nei giorni caldi di agosto. Un anno fa circa ho ripercorso quel viaggio in 500 parole.

Non avevo affatto in programma di passare dalla provincia romana o di solcare le acque del Lago di Garda, non avevo considerato la provincia prima di capitarci.

Ho risalito lo stivale partendo dalla mia costa, dove il mare è blu, attraversando paese dopo paese, sbirciando – ogni volta che il convoglio rallentava – dentro le case, pur di scorgere un pezzo di storia, un pezzo di Italia. 

Chiusa in una scatola, ho scoperto che l’Italia è uno sterminato campo di colture. Ci sono montagne e valli; in lontananza, da qualche parte, il mare. Quei giorni però, hanno avuto a che fare con la terra. Immagini che scorrevano veloci oltre il finestrino e un tempo dilatato, indefinito; le mie ore in treno hanno dosato ogni emozione, dall’entusiasmo alle solite paure.

Sono arrivata a Ciampino con una gran sete. 

Quando potevo finalmente urinare in un WC vero, lo stimolo si era inspiegabilmente ridimensionato. Ad Ariccia ho compreso che il miglior grado di ospitalità che possiamo riservare a chi viene nella nostra casa non è rimpinzarlo di cibo, piuttosto offrirgli uno spazio in cui essere libero. La provincia romana è fortemente influenzata dalla capitale nel modo di vivere; si può godere delle stesse possibilità della grande città, con il vantaggio di non rimanere imbottigliato nel traffico. 

Poi ho raggiunto le rive del Lago di Garda, in quel settentrione con le autostrade a tre corsie e le vigne tutto intorno, oppure un famoso stabilimento dolciario, dipende. Dipende da cosa ci vai a fare in certi posti.

Ho scelto la provincia e ho ritrovato il mio stesso quotidiano, attorno alla tavola di una famiglia. Ho scelto di andare sola, ma anche in compagnia. 

“Monitorami”- ho detto a Lorenzo- sorridendo con lo sguardo e pregandolo al contempo. Non volevo protezione, desideravo solo essere guardata da lontano. L’altro diventa veramente rassicurante quando, pur sapendo di potertela cavare da sola, colma il tuo bisogno di attenzione e cura. Esserci non è dipendere: è non perdere di vista la sponda del lago, mentre si naviga in acque nuove. 

Così, sulla statale di ritorno da Monzambano, a bordo di una cabriolet, mi sono commossa in silenzio: mi sentivo al sicuro con altri perché ero al sicuro con me. 

La sfida è stata quella di rimanere me stessa mentre incontravo tutta quella diversità. Prendere le distanze dalla persona che avevo lasciato a casa, improvvisando una danza sulla carrozza vuota del treno.

E ancora, viaggiare è una questione di sensi, di porchetta in fraschetta e di grappe fruttate alla sagra del pesce di laguna; odora di una piantagione di kiwi; è immergersi nel lago e scoprire che non è così improprio anche se vieni dal mare.

Probabilmente però, è stato ciò che ho ascoltato ad arricchirmi di più: storie su storie, intrecci e al centro, persone. Con i piedi scalzi sui pontili di Albano o nelle esclusive piazze di Salò e Desenzano mi sono sentita per la prima volta italiana, cioè altra, o meglio, la versione estesa di me stessa.

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