Se tutto è un meme

Straordinario potere delle immagini. Bernie Sanders ha impiegato pochi attimi a fare il giro del mondo con le sue muffole marroni il giorno dell’inauguration day nella capitale Whashington.

Se ne stava seduto, sopito quasi, durante la manifestazione più importante dell’anno, con la proclamazione del nuovo presidente degli Stati Uniti da una parte e Lady Gaga vestita come un personaggio degli Hunger Games dall’altra. Abbiamo visto sfilare le personalità più vivaci a Capitol Hill, i più amati come Barack e Michelle Obama, personaggi che sono la storia d’America. Fra loro, anche un vecchietto con un pantalone casual e l’aria di chi non ha più nulla da dimostrare.

Almeno quattro buone ragioni hanno reso le gambe accavallate del vecchio Sanders memorabili: le spiega Annamaria Testa su Internazionale qui. Leggerle mi ha incuriosito rispetto alla densità di significato che può assumere una foto ritoccata nata per gioco. E’ questo un meme, no? L’estro creativo – a tratti geniale – di chi associa un evento a un prodotto culturale preesistente, facendolo rifiorire. Il meme è un’associazione libera comprensibile a quei pochi che possiedono la conoscenza sufficiente a riconoscere un significato di un universo culturale in relazione a un altro.

Meme è un’unità culturale di un sistema di comportamenti trasmesso da un individuo a un altro per imitazione. Così Treccani. In altre parole, il meme è un codice che si imprime nel nostro cervello perché idolatriamo qualcosa o qualcuno. La parole greca da cui meme deriva del resto, significa proprio questo: imitare. Diventa improvvisamente famoso, degno di restare lì e rievocare un elemento. Chi si scorda lo zio Michele di Avetrana? Lu tratturi. Perché l’unica condizione necessaria per un meme è la sua capacità di auto-replicarsi. Ecco, l’immagine che What’s App segnala come “Inoltrata molte volte” ha già fatto breccia sugli schermi di centinaia di utenti.

Subito. Qualsiasi cosa accada intorno a noi, c’è già una rielaborazione goliardica del tutto. Un rapido riesame che banalizza ogni cosa, persino la politica. Ma se tutto è ridicolizzato, cosa resta da prendere sul serio? Per un Bernie Sanders che apre a nuove narrazioni del capitalismo, ci sono almeno una decina di Zio Michele pronti a trasformare il noto complice di un omicidio, in una figura imperitura.

Quando arrivai a Palermo, dopo anni in provincia, un collega più grande mi disse: “Arrivare da una piccola realtà ti ha consegnato un certo modo di vedere le cose. Non perderlo. Non pensare che sia normale, ciò che normale non è. Non pensare che la munnizza per strada sia normale, o le macchine in doppia fila”. Se tutto è diventato memorabile, ridatemi un po’ di lucida normalità. Sopra le righe lasciamoci le note alte, le missioni spaziali, i maxi processi della giustizia, le pandemie.

Tutto il resto, lasciamo che sia noia o grande sbaglio, quotidiano ordinario, vita trasparente, innocua e salubre. Entusiasmi, virtù e amori. Errori, crimini, dolori. Giusto e sbagliato. Riprendiamoci quella preziosa arte che è criticare.

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